lunedì 20 febbraio 2017

Marco Pantani

Il 14 febbraio 2004, moriva Marco Pantani.
Una morte che sconvolse tutti e che continua ad angosciare chiunque l'abbia amato.
Oggi, a tredici anni dalla sua improvvisa scomparsa, il suo vuoto rimane e la verità sulla sua morte non è ancora stata del tutto chiarita.
Se non c'è verità non c'è giustizia.
Lui era un vero campione, un atleta che avrebbe potuto dare ancora tanto e che invece un crudele destino ha voluto fermare.
Ma il fango che gli fu gettato addosso non riuscì a scalfire l'affetto e la stima di quanti credevano in lui.
Onorare la memoria di Marco significa invitare tutti coloro che lo diffamarono a farsi un esame di coscienza e a riconoscere le proprie responsabilità.
Onorare la sua memoria significa adoperarsi affinché chiunque non venga già giudicato ferocemente dall'opinione pubblica prima di essere sottoposto a giusto processo.
Con questi pensieri ricordiamo con infinito affetto colui che riconosciamo un vero campione del ciclismo italiano, una grande stella che ci ha fatto sognare.
Ciao Marco, proteggici tutti!

Ombra

Un' ombra nelle terse acque vidi
Sol tu ombra mia non m'abbandoni
Quand'il sol del meriggio lì sul lido
Riscalda l'anima mia
E l'acque ch'io odo...
Il mio cuor pongono in quiete.

mercoledì 25 gennaio 2017

La neve che uccide

Morire tra neve e macerie, morire in momenti in cui si vorrebbe essere felici, un albergo che si trasforma in una tomba. Al buio, al freddo, mentre ci si rende conto dell'aria che viene a mancare e il dolore delle ferite distrugge, la disperazione avanza.
In superficie, mani nude, pale e cani. Le generose braccia di chi vorrebbe salvarli tutti, ma un destino infingardo quanto crudele questo non lo vuole. Ha spinto una montagna di neve, ha infranto speranze e sparso disperazione.
Ma tutto ciò non é uno spettacolo, non dev'essere uno scoop come i media, purtroppo, hanno inteso.
In questo immenso dolore, viene chiesto solo rispetto e silenzio.
Silenzio per commemorare chi ha perso la vita in circostanze cosí assurde, rispetto per coloro che hanno perso chi amavano e che hanno sperato fino all'ultimo.
Ci stringiamo tutti attorno a voi, il popolo della rete non accende riflettori e non intervista, prega solo in silenzio.

sabato 31 dicembre 2016

2016

E' tantissimo che non scrivo nel mio blog, con questo non è che lo abbia abbandonato; forse perché mi sono dedicato ad altro come la stesura di tre libri. Se qualcuno si fosse eventualmente risentito, gli chiedo umilmente scusa. Ma che dire dopo tanto tempo di silenzio? Scrivendo questo articolo l'ultimo giorno dell'anno, non mi viene altro in mente che fare un punto della situazione della nostra società, quella occidentale che non pochi contraccolpi continua a subire da varie parti. La trasversalità del terrorismo internazionale - sul quale mi sembra inutile parlarne atteso che mi sembra se ne parli a profusione ovunque - è sicuramente una causa di quei contraccolpi che, a quanto sembra, non si può o non si vuole affrontare seriamente. La verità non la conosce nessuno, come nessuno conosce la propria. I paradossi calzano alla perfezione in un tempo dove tutto sembra essere discutibile, dove la certezza è stata messa al bando in nome di una società sempre più confusa. Tanti commentatori continuano a parlare di periodo di transizione, ma a mio modestissimo avviso mi appare  logico pensare che avocare le colpe a transizioni, crisi o altro sia un modo semplicistico di non voler affrontare le problematiche, affondando tutto nella demagogia e nella retorica. La mancanza di chiarezza su tutto è la vera causa di tutta la nostra incertezza, quella verità negata che continua ad essere nascosta chissà dove per convenienza di poteri mondiali a noi sconosciuti. I poteri classici: quello economico o politico, per esempio, sono manovrati da altro e questa è una convinzione che parte dai più insigni intellettuali della terra, i quali non fanno altro che analizzare le dinamiche sociologiche attuali.
Dopo questo prologo, che ognuno ha diritto di accettarlo o no, vorrei tornare alla rassegna di quest'anno che tra poco si concluderà, ponendo questa domanda: come siamo noi? Una domanda mi rendo conto molto difficile; tanti risponderebbero "delusi", ne sono certo. Ogni anno che passa si spera nel meglio, ma è una speranza che credo sia stata sempre la stessa nel corso dei secoli. Stiamo meglio o stiamo peggio di, per esempio, rispetto a trent'anni fa? E' doveroso ragionare in merito. Credo che non si possano fare analisi affrettate. E' una comparazione che non si risolvere in poche righe, non si può essere semplicistici. Nel caso italiano, per esempio, trent'anni fa la nostra lira subiva contraccolpi terribili, l'inflazione era altissima, se fosse oggi potremmo dire di essere vicini al default, oggi abbiamo un euro gradito da pochi e odiato da molti che tuttavia ci salva; ora si parla di deflazione che fa male anche lei. Trent'anni fa di parlava ancora poco di energie alternative e di ambiente; oggi se ne parla tanto e, spesso, troppo. La paura di un petrolio che dovesse finire ha mosso qualcosa, poi il petrolio non è finito e chi non ha risorse proprie o le ha in minima parte - come l'Italia - è sempre costretta a subire i ricatti di chi ci vende energia a vario titolo. Il risultato è stato che le energie alternative non possono renderci indipendenti da nessuno e, nonostante siano passati trent'anni, la strada è ancora lunga e perigliosa. E la politica? E' cambiata? Sono cambiati gli attori, ma il modo di condurla continua ad essere sempre la stessa; basta leggere i giornali di quei tempi per rendersi conto, rinfrescandoci la memoria, che non sia cambiato poi molto. E i nostri problemi? Mafia, corruzione, disoccupazione. Anche qui non è cambiato poi tantissimo. Continuano ad essere (purtroppo) delle costanti anche nel nostro tempo. Io credo che ogni epoca, ogni anno, abbia in suoi lati positivi e negativi; non penso che un anno sia peggiore dell'altro. Ognuno di noi lo vede solo dal suo punto di vista; l'importante è credere in ciò che si pensa. L'importante penso che sia non mollare mai, andare sempre avanti e affrontare i problemi. Se lo facciamo noi che siamo piccoli è già un passo avanti. Un altro auspicio è non perdere mai la speranza che alle volte sembra abbandonarci. La speranza ci fa vivere e tutti noi dobbiamo vivere e crescere per portare avanti questo nostro mondo. Buon Anno.

lunedì 21 aprile 2014

Cautela e prudenza

Possiamo fidarci dei nuovi paladini della verità? Con il nuovo Governo, in Italia siamo quotidianamente bersagliati da proclami nei quali viene garantito che l'assetto politico-economico di questa nostra Italia cambierà. Ma, al di là degli impatti mediatici e degli spot, possiamo davvero sperare in una svolta che garantisca ai nostri figli un futuro più stabile e giusto? E' sufficiente proclamare le buone intenzioni per migliorare la qualità della nostra vita?
Si è sempre diffidenti verso chi ha pretese di voler cambiare tutto, specie se quel "tutto" è un sistema criptico, consolidato e inquinato da mafie e malaffare.
Purtroppo le promesse di realizzare fatti concreti si scontrano sempre con i tentacolari iter legislativi che traducono in complessi atti di legge quelle buone intenzioni. Non esiste l'istantaneità in questo campo. I complessi iter di formazione delle leggi hanno percorsi sempre tortuosi, dove le forze politiche in campo spesso fanno teatro del loro antagonismo e delle loro ideologie.
La gente, in fondo, ha imparato a non credere ai proclami e ora vuole, anzi, pretende, solo fatti concreti, ma questi arriveranno?
Se si deve partire da riforme strutturali da fare in ogni ambito, tutto appare estremamente ambizioso e, come già scritto più volte da autorevoli voci della stampa estera e non solo, estremamente complesso visto che la problematica ha attraversato per trent'anni i palazzi del potere senza arrivare a conclusioni sostanziali.
Certo, la nuova facciata di questo Governo può provocare emozioni, ma non bisogna affrettare conclusioni: è necessario attendere che taluni effetti promessi si verifichino, il rischio di populismo e demagogia è fortissimo, dove la retorica la fa da padrone; mentre il cittadino medio si fa i conti in tasca e, con sconforto, continua a vedere che le sue sostanze sono erose da una costante diminuzione del potere d'acquisto a causa del carovita e dell'imposizione indiretta.
Vedremo se veramente la ricchezza verrà redistribuita alla Robin Hood, come più volte annunciato nei programmi di bilancio, vedremo se i manager statali accetteranno paghe più dimagrite e si abbasseranno a viaggiare in metropolitana per andare in ufficio, vedremo se la Pubblica Amministrazione sarà veramente sburocratizzata, snellita, epurata di uffici inutili. Vedremo se finalmente il lavoro sarà accessibile ai giovani e se le imprese potranno reinventarsi grazie ai debiti finalmente onorati dal parte dello Stato ed agli annunciati sgravi fiscali.
E' una partita è aperta e difficile, si vorrebbe che veramente tutto questo accadesse, ma le perplessità regnano. La cautela e la prudenza sono d'obbligo.
Bisogna attendere gli eventi e non farsi prendere dalle emozioni, guardare tutto con razionalità e ascoltare sempre tutte le opinioni. Diffidare dagli annunci spot dei mass media smentiti poi il giorno dopo. Purtroppo siamo sempre in bilico, ma l'Italia quando mai non lo è stata? Bisognerà sempre e comunque tralasciare idee utopiche e restare nella concretezza, quello che i cittadini non vogliono è qualcuno che venda loro illusioni, questo no, non lo vuole più nessuno.

   

sabato 4 gennaio 2014

La nostra epoca

L'anno che si è appena concluso fa parte, a mio modesto avviso, di una fase di trasformazione che nel lungo periodo sta vivendo la società moderna.
Nel 900 fasi importanti sono state attraversate dalle due guerre mondiali e tutte le vicende sociali ad esse connesse; l'ultimo conflitto, distante ormai da noi quasi 70 anni, ha inciso profondamente sullo sviluppo della futura società moderna, nonchè sulle vicende che seguirono.
Si parla oggi, forse troppo, con luoghi comuni che fanno perdere il vero senso storico degli avvenimenti di qualsiasi tipo e portata, in una storia umana non indenne, nel passato, anche più remoto, da problemi sociali, politici e umani.
Per esempio il discorso guerre, in una fase storica dove gran parte del mondo vive in pace da quasi settant'anni, una parte di mondo, come quella del continente africano è insanguinato da perenni guerre civili poco considerate dalla comunità internazionale; tuttavia, paradossalmente, il mondo è più in pace che in passato.
Basta pensare al travagliato XXIX secolo, dove l'Europa, ora pacificamente riunita, è stata attraversata e insanguinata da guerre di ogni tipo.
Il discorso sociale: proveniamo da un passato neanche tanto lontano dove la povertà, anche nel mondo Occidentale, aveva una diffusione altissima, dove esisteva una casta nobiliare che sfruttava il popolo suddito, dove l'analfabetismo dilagava, dove i diritti umani venivano regolarmente violati.
Pensiamo alla schiavitù americana, per esempio, milioni di individui privati di ogni dignità.
Oggi, in questo mondo che noi vediamo corrotto e deteriorato, tuttavia  esiste una battaglia costante per la tutela dei diritti umani al fine di arrivare laddove questi sono violati.
Quello del passato è stato un mondo sicuramente più crudele, anche se necessario e propedeutico alla formazione dell'attuale società umana.
Come dicevo stiamo vivendo un periodo storico sicuramente caratterizzato da rapide trasformazioni che spesso non comprendiamo a fondo.
In campo economico, dopo la globalizzazione che irruppe negli anni 2000, il tessuto produttivo si è radicalmente modificato, è cambiato il mondo del lavoro, sono cambiati i sistemi di lavorazione e commercializzazione.
La crisi attuale ha sicuramente accelerato i processi, richiedendo interventi strutturali  necessari a tamponare effetti devastanti, ma tutto è collegato alla fase di trasformazione che la società mondiale sta vivendo.
Le vicende attuali sicuramente portano tutti a guardare più al futuro rispetto a prima, l'uomo attuale sente molto più pesante il senso di responsabilità verso le future generazioni, per questo, anche se spesso sembra che la speranza e l'ottimismo vengano meno, è necessario non avere paura del futuro e cercare di affrontare, con razionalità e spirito costruttivo i problemi dell'attuale società.



giovedì 21 novembre 2013

Occhi ancora senza speranza

In precedenti articoli ho parlato di crisi, guerre  e alluvioni, sono passati due anni, il tempo è volato come in un lampo ma, paradossalmente  tutto è rimasto indissolubilmente immobile e stagnante.
L'uomo si è fermato? O forse è incapace di affrontare i propri problemi? Siamo di fronte ad una recrudescenza della nullità? 
Percorsi tortuosi che non si riescono a superare, tunnel interminabili che come vortici avvolgono tutto e tutti, un buco nero?
Corsi, ricorsi e straricorsi storici che puntualmente si presentano nella vicenda umana, in una società priva di memoria che continua, imperterrita a commettere gli errori del passato.
E' un brutto periodo questo, ma anche le precedenti epoche non lo sono state da meno.
Tutta questa premessa, forse troppo pessimistica, o forse no, per manifestare e affermare l'assoluto immobilismo della nostra epoca, frutto di uno sviluppo troppo rapido che ha travolto come uno tsunami la società. Una gradualità mancata, causata da un processo evolutivo troppo rapido.
In poco più di un secolo, l'uomo ha inquinato cosi tanto da mettere in serio pericolo l'equilibrio dell'intero pianeta, il progresso economico e tecnologico ha creato mostri prevaricatori che hanno fatto mettere in dubbio lo stesso nostro modo di vivere.
Una società dove il denaro la fa da assoluto padrone, a scapito degli strati più deboli della popolazione e in qualunque nazione del mondo, una situazione responsabile dell'attuale crisi planetaria, dove un ridondante sistema dinamico al suo interno ma stagnante verso l'esterno, non riesce più a creare sviluppo, che ha prevaricato l'economia finanziaria sull'economia reale.
L'esempio più grave l'abbiamo in Europa, dove gli Stati sono ormai incapaci di gestire autonomamente le proprie economie a causa di un sistema finanziario non regolamentato e sottoposto al libero arbitrio dei mercati e delle banche, a loro volta veicolati da inafferabili  strapoteri economici.
La globalizzazione continua  a mietere vittime e diverse nazioni d'Europa, Italia compresa, stanno pagando a caro prezzo tutto questo.
Forse sono cose che ho già detto, ma voglio ripeterle.
Se tutto fosse stato ben gestito non l'avrebbe fatto l'uomo, perchè in tutta questa gigantesca vicenda sono stati protagonisti in assoluto l'egoismo e il relativismo umano, tutto in nome del dio denaro.
Un sistema che ha aumentato miseria e povertà, distrutto ecomomie, devastato popoli, in un processo irreversibile.
E' triste dover pensare che l'uomo moderno sia stato un fallimento di sè stesso e che non sapremo cosa lasciare a nostra testimonianza ai posteri.
In questa guerra economica globale, ogni iniziativa per consolidare il tessuto sociale e tutto ciò che è necessario per il buon vivere civile è stata evitata o rimandata.
La recente alluvione della Sardegna stupisce e emoziona, ma era prevedibile e forse almeno parzialmente evitabile se la situazione infrastrutturale di sicurezza abitativa e delle acque fosse stata  buona, ma nonostante le innumerevoli alluvioni italiane, la politica e la burocrazia hanno osteggiato da sempre investimenti strutturali per fronteggiare il dissesto idrogeologico, anzi, taluni scellerati nostri rappresentati hanno da sempre, in quanto collusi con mafie e malaffare, favorito addirittura l'abusivismo edilizio che ha degradato e messo in pericolo il territorio.
Nonostante le entrate dello stato fossero esigue, si è continuato a spendere smisuratamente denari pubblici senza investire nelle infrastrutture necessarie allo stato sociale, strozzando di tasse il popolo.
Si continua a parlare di spending review, una generalizzazione troppo ampia per argomentare la pluralità delle spese statali e il sistema di gestione delle stesse, il bilancio dello Stato è una materia complessa e, come al solito, i media focalizzano ciò che può colpire la suggestione dell'opinione pubblica, il problema non sono solo le auto blu o gli stipendi dei parlamentari, in termini di sprechi c'è molto di più che si insidia in ogni ramo della Pubblica Amministrazione.
A causa di tutto ciò, oggi negli occhi della gente non si vede la speranza, quella speranza che c'era  invece nel dopoguerra quando si voleva ricostruire l'Italia, è tutto estremamente triste.







domenica 29 settembre 2013

Crisi di Governo

In un articolo precedente avevo giudicato la politica italiana più matura; avevo interpretato, con le dovute riserve, che il fatto di aver avuto governi che riuscissero a tenere una legislatura fosse indice, appunto, di maturità politica, non avevo considerato, comunque, il clima acido che si anteponeva fra le varie parti politiche e i risultati che i governi avevano ottenuto.
Mi ero completamente sbagliato anche se, tuttavia, non avevo dato per definitivo il convincimento che la politica italiana fosse diventata un vero dispositivo democratico che potesse dialogare con i cittadini e gli interlocutori stranieri.
Tutto quello che è accaduto finora, fino al grave episodio politico di ieri 28 settembre 2013, dove i ministri del PDL hanno rassegnato le dimissioni, è un indice, grave, di immaturità politica se non, addirittura, la dimostrazione dell'incapacità di autodeterminazione di uno Stato democratico, dove la politica non guarda al Paese ma solo a sè stessa e a proteggere i suoi interessi.
Una crisi di governo di fatto, che non viene aperta mediante i passaggi istituzionali, provocata con pretesti di insufficiente consistenza politica che, a monte, nascondono, nella sostanza, motivazioni ormai datate che hanno caratterizzato tutto il periodo della seconda repubblica.
I passaggi  che rendono incoerente, per non dire assurde, le motivazioni atte a voler incrinare un governo già, peraltro, connotato dall'anomalia di voler voluto unire due forze politiche contrapposte sono le seguenti:
nel novembre 2011, causa la grave crisi economica italiana venne dato mandato a un governo tecnico che aveva il compito, a scadenza, di emanare provvedimenti correttivi al fine di salvare l'Italia da un incombente rischio default o, per lo meno, questa era le motivazione presentata ai cittadini italiani.
Il governo di Mario Monti venne appoggiato dalle due forze politiche contrapposte, che attualmente governano assieme, per senso di unità nazionale  voluta, con tenacia, dal Presidente della Repubblica.
La tecnocrazia, appoggiata dalla Commissione Europea se non altro per indurre l'Italia a rientrare sotto il fatidico 3% nel rapporto tra DEFICIT/PIL, si mise in moto velocemente emanando, in poco tempo, provvedimenti di notevole durezza, mirati esclusivamente a rimpinguare le aride casse statali e correggere i disastrosi conti pubblici.
Un' agenda, quella del governo tecnico, che pur correggendo, comunque relativamente, i conti dello Stato, ha depresso lo stato sociale e le condizioni economiche di imprese e cittadini condizioni, peraltro, che erano già gravi e difficili.
Provvedimenti come quello delle pensioni hanno generato a loro volta gravi problemi sociali quali la maggiore difficoltà di ingresso nel mondo del lavoro dei giovani, causa inevitabile allungamento del turn-over fra vecchie e nuove generazioni e il gravissimo problema degli esodati.
La reintroduzione dalla vecchia ICI, diventata IMU, per la prima casa e gli aumenti di accise e tariffe dei consumi energetici ed altro ancora hanno vessato, in modo insidioso, i cittadini trasversalmente, senza tenere conto della distribuzione del reddito.
La lotta all'evasione fiscale si è connotata solo di spot quali l'operazione di Cortina o provvedimenti quali la limitazione dell'uso del contante; in generale provvedimenti fini a sé stessi e facilmente eludibili come, appunto la limitazione dell'uso del contante; di fatto quindi azioni di dubbia efficacia, l'evasione fiscale non è stata affatto aggredita e i dati dell'Istat per l'anno 2012 e di questa parte di 2013 parlano chiaro.
Tra i provvedimenti di carattere non economico, sicuramente il più noto, se non altro per l'alto impatto mediatico che ha avuto, è stata la legge Severino, che avrebbe dovuto dare un segnale forte nei riguardi dei politici definitivamente condannati, una risposta a quella richiesta di moralità della politica fortemente voluta dai cittadini.
A fattor comune, sottolineo e risottolineo che il governo precedente era appoggiato dalle maggiori forze politiche di centro destra e centro sinistra, le stesse che in pratica compongono l'attuale governo di unità nazionale; in virtù di questo, provvedimenti di importanza strategica e sociale quali il decreto "salva italia", "cresci italia", la legge Severino, l'istituzione dell'IMU, dell'innalzamento dell'aliquota i.v.a., la riforma delle pensioni vennero votati dalle maggiori forze politiche con spirito bipartisan nel comune senso di responsabilità nei confronti del Paese.
Tutta l'attività del governo tecnico fu così improntata sul rigore dettato peraltro dai burocrati di Bruxelles, con provvedimenti che, nonostante avessero l'effetto desiderato riguardo ai vincoli del patto di stabilità, furono deleteri per la crescita e il rilancio dell'economia nazionale, già gravemente colpita dalla crisi economica.
Ma il governo tecnico ebbe anche lo scopo di non rendere protagoniste in prima persone le forze politiche, fu così che queste ne trassero l'occasione per fare una concitata propaganda elettorale i cui contenuti, di fumoso significato politico, prendevano spunto dalle decisioni impopolari, o ritenute tali, dei tecnocrati.
La successiva crisi del governo tecnico non fece che accelerare l'intenzione politica di portare velocemente ed indiscriminatamente il paese verso le elezioni anticipate che sarebbero state regolate, peraltro, con le discutibili norme del Porcellum, le cui modifiche sono state sempre promesse ma mai apportare, fino ad oggi.
All'indomani del voto, l'Italia più che mai si è trovata in una situazione di incertezza: con una sostanziale parità del centro-destra e centro-sinistra e l'emergere di una forza politica nuova che non era ancora entrata in parlamento.
La vittoria non vinta del centro sinistra, non ha fatto altro che far rimontare il centro destra; la mancanza di una maggioranza al Senato per effetto del Porcellum ha messo in serie difficoltà il contesto istituzionale a partire dell'elezione del nuovo Presidente della Repubblica: un vero pasticcio, destabilizzante e pericoloso.
Dopo svariate e anomale vicende, a partire della rielezione per "senso di responsabilità verso il Paese" del Presidente della Repubblica in carica, è stato nominato l'attuale Governo che con difficoltà ha cercato di gestire e affrontare le serie problematiche del Paese quali il problema degli esodati, della disoccupazione, del rifinanziamento della CIG e, da ultimo, l'abolizione dell'IMU per la prima casa e lo slittamento dell'aumento dell'i.v.a..
Nel frattempo è piombata la sentenza definitiva di condanna del Leader del Centro Destra...
Ho voluto fare la crono-storia della situazione che evolutasi dal 2011 ad oggi, sicuramente nota, sicuramente non approfondita, ma certamente così è stata presentata all'opinione pubblica.
I passaggi, se andiamo ad analizzare questo tragitto politico porta inevitabilmente al paradosso, infatti tutti i provvedimenti del governo Monti sono stati votati da entrambe le forze politiche di centro destra e centro sinistra e questi, in particolar modo alcuni, sono stati messi in discussione dal centro destra.
Una contrapposizione talmente aggressiva che ha portato alla situazione di crisi di governo alla quale ora stiamo assistendo.
Cosa possiamo pensare noi cittadini di tutta questa vicenda? Solo indignarci come, del resto, altre volte.
Il popolo italiano è sconcertato per la paura che un tale evento destabilizzante genera.
Il rischio di ingovernabilità è altissimo e l'Italia non vede luce nel suo stato sociale, la crisi rimane, stagnante.
E se addivenissimo a elezioni anticipate con quale spirito andremmo a votare e per quale risultato?
Infine una domanda che non ha risposta: ma le regole sul conflitto di interessi che fine hanno fatto? la legge non è uguale per tutti?
La nave sta lentamente affondando e chi doveva dirigerla la sta lasciando: analogia con il naufragio della Costa Concordia...in questo momento calza a pennello: una grave mancanza di responsabilità verso il popolo italiano che sta perdendo la propria autostima e la speranza nel futuro.





sabato 21 settembre 2013

Decadentismo culturale

Sono rimasto sbalordito quando, per caso, ho scoperto che la neo senatrice a vita Elena Cattaneo, ricercatrice e scienziata  di fama internazionale al servizio di una università italiana, viene retribuita con uno stipendio di 3.300 Euro al mese: questa è la dimostrazione, inequivocabile, di quanto investa lo Stato Italiano per la ricerca scientifica e, in generale, per la cultura e tutto ciò che è attinente ad essa.
E' stato calcolato che in Italia, per l'istruzione a tutti i livelli, la cultura e la ricerca, viene investito appena l'1% del PIL, tale stima ci porta a fanalino di coda rispetto ai partners europei: un triste primato per un paese che è stato, sin dalla notte dei tempi, culla della cultura, con le città e i paesi ricchi di beni culturali, una letteratura senza pari al mondo e che dire della poi musica!
Tristezza, soltanto tristezza è il sentimento che percepiamo, considerate invece le consistenze in termini di investimenti in altri settori di minore portata e valenza.
Un paese che non investe nella cultura è destinato inesorabilmente a diventare povero, non solo economicamente.
Se visitiamo una scuola pubblica ci imbattiamo in docenti esasperati che devono sfruttare i pochi strumenti messi loro a disposizione per insegnare, percependo uno stipendio mensile che non può ritenersi degno di una nazione europea occidentale.
Il 70% degli edifici scolastici non sono a norma in termini di sicurezza e i tagli nel settore sono stati lineari e profondi, mancanza di fondi: questa è stata la parola d'ordine.
La scuola forma gli italiani del futuro, dovrebbe essere l'eccellenza del settore pubblico, il fiore all'occhiello.
E che dire dell'istruzione superiore e universitaria?
Anche qui carenze di fondi e professori mal pagati, ricercatori insufficientemente retribuiti, risultato? Fuga incessante di cervelli, le migliori menti nate e cresciute nella nostra bella Italia emigrano laddove possono trovare un impiego degno, gratificante e ben remunerato.
Certo: alcuni come la Prof.ssa Cattaneo è rimasta nel suo paese, ma a quali condizioni e con quali sacrifici?
Per non parlare dei ricercatori associati ai dipartimenti: contratti di collaborazione a termine con retribuzioni inique, senza diritti sindacali e senza la possibilità di formare una carriera contributiva: dei veri schiavi moderni con menti brillanti che grazie al loro impegno (spesso nell'ombra) contribuiscono allo sviluppo della ricerca nei più svariati settori che portano a risultati scientifici di livello mondiale a vantaggio dell'umanità intera.
Questo è un periodo di vero decandentismo, in un mondo che gira grazie alla scienza, il nostro paese arretra, inesorabilmente.
Bisogna investire nella cultura e nella ricerca almeno al pari di altri partners europei, fronteggiare la fuga dei cervelli, riattrarli nel nostro paese per creare sviluppo, riformare scuole e università, gratificare docenti e ricercatori, insomma, portarsi a una "normalità" al passo con questi tempi, dove il lavoro intellettuale ha ormai preso il sopravvento su quello manuale.
Investire nella cultura e nella ricerca porterà lavoro e potrà essere un vero volano se associato a politiche economiche adeguate.
E' inutile vantarsi di avere treni ad alta velocità e nel contempo assistere ad un inesorabile decadentismo culturale: è un paradosso. La cultura è un bene prezioso, è il vero bene italiano e non dobbiamo, non possiamo farcelo sfuggire.


 

venerdì 20 settembre 2013

Manca un futuro di speranza

Mentre assistiamo attoniti al carosello mediatico del teatrino della politica italiana, ormai stanchi del susseguirsi di eventi e situazioni guardati all'estero con senso di distacco, noi cittadini italiani continuiamo a guardare dalla finestra semmai possiamo scorgere, in lontananza, un futuro di speranza.
Non lo vediamo. Forse non l'abbiamo mai visto. Forse l'avevamo visto, tanto tempo fa.
Siamo i nipoti della guerra, dopo di essa l'Italia si rimboccò le maniche e si ricostruì, tempi ormai remoti.
Oggi la situazione è cambiata, dopo quella ricostruzione e tutti gli avvenimenti che contribuirono a fare dell'Italia una delle prime potenze economiche del mondo, siamo ormai da anni in una situazione di stallo sia politica, sia economica.
Padrona di questa situazione dalla quale non si riesce a uscire è la perenne instabilità politica e l'incapacità di gestire quell'economia finanziaria che, pesantemente, soffoca l'economia reale, il vero volano di una società.
Legati a logiche europee tecnocratiche, l'Italia si trova ingabbiata con le stesse sue mani: impegni presi e da onorare con, di contro, una disastrosa situazione finanziaria legata la debito pubblico.
La necessaria rigidità e autorevolezza di un governo attualmente manca e ora, come non mai, sarebbe più che indispensabile.
L'Italia non riesce a guardare al futuro, incancrenita dai suoi mali più insidiosi e, agli occhi dei partners occidentali, continua a mostrarsi quale nazione sempre più povera e ingovernabile.
Si ricomincia a parlare di emigrazione e non solo al Sud, tristissimo, aumenta la disoccupazione.
Non si riescono ad attrarre investimenti dall'estero e la recessione dell'industria continua in modo inarrestabile.
In un quadro cosi drammatico, che connota una tipica situazione di stallo, i cittadini continuano a pagarne le conseguenze e non solo in termini economici.
Basta fare dei giri per le fabbriche, quelle piccole e medie, dove esiste ancora una figura fisica di imprenditore spesso legata alla famiglia, guardando negli occhi queste persone si coglie subito un grande stato di disagio.
Clienti che non pagano, specie gli enti pubblici! commesse diminuite, banche che non fanno credito, operai spesso lasciati a casa in cassa integrazione per mancanza di ordini, l'incidenza fiscale sempre più pesante: un quadro a dir poco desolante. Le fabbriche che falliscono fanno morire il lavoro e tutto l'indotto che gira attorno a esse, in un effetto domino devastante, manca la liquidità, manca il denaro, ma questo dov'è? 
Nelle banche, i veri protagonisti dell'economia attuale legate all'economia finanziaria speculativa, lontane ormai da quella missione di credito che originariamente avevano.
Un sistema bancario gestito ad hoc per realizzare facili profitti basati sulla speculazione finanziaria e non al servizio dei cittadini e delle imprese quindi dell'economia reale basata sulle persone e sul loro lavoro; banche che per accedere al credito, semmai venga concesso, pretendono garanzie onerose sui beni delle imprese, in pratica se il debito non viene onorato la banca si prende l'impresa.
Con questo sistema fallace difficilmente l'economia italiana potrà ripartire, specialmente se continueremo ad attuare politiche troppo agganciate alle commissioni europee e alle logiche di bilancio,  lontane dai cittadini che non intravedono nessun futuro di speranza.